La parola desiderio
Questa parola per le generazioni come la mia ha avuto un significato fortissimo, caratterizzando gran parte della nostra vita in uno stato “passionale” per il suo conseguimento, in una condizione di “speranza-perseveranza” per il suo raggiungimento e infine nella “delusione-rassegnazione-accettazione” perché una volta realizzato il desiderio, seppure dopo un primo momento di gioia, ci si accorgeva che in fondo non ripagava della forza impegnata, oppure, nel caso che il desiderio non si fosse realizzato e tantomeno la gioia del successo, ci si consolava con la chiusura di un capitolo impegnativo per le proprie forze e ci si rivolgeva verso qualche altra forma di desiderio più abbordabile e comunque altrettanto “desiderabile”. L’importante era non deprimersi e non fermarsi. L’importante era Impegnarsi,…Sì, perché la mancanza di desiderio portava a una vita poco passionale e impegnata e non importava se si era giovani o meno giovani, il “desiderio” era spinto da una forza che non aveva a che fare con una fisicità influenzata da ormoni ma da una mentalità culturale che proveniva da secoli di storia e di cui noi tutti eravamo enormemente influenzati e pronti ad assorbirne le varianti dettate dal progresso…. I nostri genitori e soprattutto i nostri nonni avevano vissuto le guerre, portatrici di grandi sofferenze e l’unico sentimento permissibile era legato al “vorrei” nel “bisogno” che proveniva dalla forte mancanza e non certo dal “desiderio”. Quest’ultimo era vissuto nel “corpo mentale”, come forza del combattimento, forza di un ideale da esprimere, forza-desiderio per sopravvivere alla guerra e rimanere in vita. Altrettanto “mentale” era il desiderio sessuale, benché fosse una forza altrettanto presente e potente, era repressa da una cultura non permissiva e quindi vissuta intimamente.
Poi arrivammo noi, le generazioni post-guerra, e cavalcammo l’onda del “desiderio” che ci sussurrava il boom economico, sollecitati da un benessere che bussava alle nostre porte e che anche se non lo era per tutti, proprio per questo, ancora più “desiderabile”. Il desiderio fu libero di esprimersi nel vissuto mentale, fisico, emozionale. L’esplosione del capitalismo e del consumismo provocò negli animi più giovani e sensibili una attrazione e allo stesso tempo una repulsione. Le coscienze si animarono di consapevolezza e nacque l’ autocoscienza, lo spirito di aggregazione e la ricerca di libertà, si formarono le comuni, i movimenti di lotte studentesche, gli yippies.
Il desiderio aveva comunque influenzato gli animi e si mescolava nelle contraddizioni: il desiderio di essere liberi era legato anche al desiderio di avere, di possedere e quindi, diede spazio alla dipendenza….
Tutto divenne estremo, la droga fece strage di corpi e di menti, la lotta armata inquinò l’ideale e indebolì l’impegno e la militanza pacifica, e il filo tra la giusta causa e il buon senso perse il controllo e generò confusione disperdendo una buona occasione evolutiva…… E così nel frattempo, il capitalismo avanzava e il desiderio si travestì da Yuppies: uomini e donne in carriera. Il motto era fare per diventare, avere successo. Diventare ricchi, potenti, desiderabili.
Gli yuppies furono la cima più alta di questa personificazione umana al capitalismo, ma noi tutti ci ritrovammo a vivere anni, anzi decenni, a correre appresso a “desideri”. Desiderare era avere il meglio, essere il meglio, garantirsi il meglio. Non importava se il nostro desiderio era poco reale alle nostre possibilità o attitudini, era una forza propulsiva, non importava se ci distoglieva dalla presenza del momento, dal “qui ed ora” di w.Reich, noi eravamo gli operai di una fabbrica che doveva produrre e non fermarsi. Quindi noi eravamo proiettati verso il futuro, il presente era una cosa scontata.
Dico eravamo perché ad un certo punto della nostra vita, probabilmente in questo ultimo decennio, la parola “desiderio” è andata scemando, e, senza che ce ne siamo accorti, si è messa dietro il sipario, stanca di rappresentarsi nel solito modo.
La parola “desiderio” si nascondeva, il capitalismo incominciava il suo smarrimento e noi attraversavamo tanti di quei guai individuali, familiari, sociali, politici, economici che la parola “desiderio” non poteva essere contemplata nella nostra realtà, tantomeno nel nostro quotidiano. Il desiderio entrò in stand-by senza che ce ne accorgemmo, così come entrò in stand-by l’attenzione verso il futuro…
Ora, se questa condizione ha determinato molti cambiamenti personali non proprio indolori, separazioni, disoccupazioni, fallimenti, depressioni, c’è una debole ma sicura ricerca verso se stessi che si fa strada, lo smarrimento della fiducia verso il fuori ci fa rivolgere alla ricerca verso il dentro. Certo, siamo soltanto all’inizio. I nostri figli li vediamo a volte quasi privi di desiderio che è comunque un sentimento che esprime una forza umana importantissima e gli và dato il giusto e vero significato ma non è vero che sono superficiali o apatici come spesso noto rappresentarli in qualche servizio giornalistico.
Io nutro una forte fiducia verso le nuove generazioni, devono soltanto darsi un pò di tempo e poi abbracceranno il risveglio.
Non dimentichiamo quindi che per i nostri figli la parola “desiderio” ha un effetto sui corpi sottili diverso da quello che aveva per noi. La vibrazione è di altro tipo, Và a sollecitare qualcosa che è difficile cercare. Se non hanno tutto hanno molto più di quanto avevamo noi, disoccupazione inclusa…. Ma hanno noi. Dipendono economicamente molto da noi genitori e questo, negli anni, è diventata quasi una normalità, figuriamoci la mancanza di desiderio. Pochi sogni e molto presente. Vivono alla giornata e non pensano al futuro o sicuramente meno di quanto ci pensavamo noi.
Che dire? vogliamo pensare che sia questo l’inizio di una nuova era?………… abbasso il desiderio e viva prendere il treno giusto al momento giusto???!!!!!
😉